Si chiama Biometano in filiera ed è il progetto lanciato dal Gruppo Granarolo insieme alla Confederazione dei bieticoltori (Cgbi) nato con l’obiettivo di ottenere energia pulita, ridurre i costi di trasformazione del latte e produrre fertilizzanti.

Per raggiungerlo verranno realizzati 10 nuovi impianti di biometano nell’arco di tre anni in Emilia-Romagna, Lombardia, Friuli e Puglia che dovrebbero produrre dal 2025,  30 milioni di metri cubi di biometano agricolo all’anno, evitando così l’emissione di 60.000 tonnellate di CO2 e mettendo sul mercato, allo stesso tempo, circa 500.000 tonnellate annue di fertilizzante rinnovabile o digestato.

“Puntiamo a diventare autosufficienti sul piano energetico- afferma il presidente di Granarolo, Gianpiero Calzolari- eliminando CO2 dal territorio e ottimizzando la gestione agronomica dei terreni, con un notevole risparmio di costi e una miglior qualità del prodotto”. La partnership con Cgbi, continua Calzolari, “ci permetterà di dare vita a un’esperienza virtuosa di economia circolare, producendo energia per alimentare il processo produttivo, sia in stalla sia in stabilimento, e al contempo fertilizzante organico in un momento in cui l’attenzione alla sostenibilità diventa una priorità assoluta, mentre il concime in commercio ha raggiunto quotazioni pari all’87% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. L’iniziativa, spiegano ancora i due gruppi, è destinata anche a tamponare il “momento di grande difficoltà in cui versa il mondo allevatoriale, con i prezzi alle stelle per energia, mangimistica e per la gestione quotidiana delle aziende”.

In ogni nuovo impianto di biometano Granlatte saranno conferiti reflui zootecnici come letami e liquami forniti da alcuni soci-allevatori in Lombardia, Friuli e Puglia, mentre Granarolo destinerà scarti della lavorazione del latte come resi da mercato e sottoprodotti (siero e scotta) dai propri stabilimenti di Pasturago di Vernate (Milano), Usmate Velate (Monza-Brianza) e Ramuscello (Pordenone). La Confederazione dei bieticoltori invece provvederà al recupero di seminativi, colture di secondo raccolto e sottoprodotti agricoli attraverso i propri soci delle cooperative del Nord Italia. Parte di questi impianti, il cui investimento totale è di 70 milioni di euro, verrà finanziato attraverso il Pnrr, mentre la gestione sarà affidata a società agricole consortili costituite dai soggetti promotori.

Il progetto con Granarolo, sottolinea dal canto suo Gabriele Lanfredi, presidente di Cgbi, “si aggiunge agli altri due già avviati con Coprob e Fruttagel per contrastare la crisi energetica ed efficientare la produzione alimentare, sostituendo una quota importante di gas russo con il biometano ottenuto dai nuovi impianti. Le energie rinnovabili sono il presente su cui investire, per raggiungere l’autonomia energetica e risparmiare sulla bolletta di luce e gas dando un valore economico-ambientale ai sottoprodotti agricoli e agroindustriali”