Recuperare le acque di scarico della città, depurarle e poi riutilizzarle in agricoltura. E’ una sperimentazione che a Cesena va avanti ormai da due anni e i risultati, in tempi di siccità, sono incoraggianti.

Se una pratica di questo tipo fosse generalizzata in tutta la regione, spiegano infatti gli esperti dell’Università di Bologna e dell’Enea che hanno seguito il progetto, si potrebbe soddisfare fino al 70% del fabbisogno idrico irriguo dell’Emilia-Romagna, uno dei territori italiani protagonisti sul fronte dell’agricoltura.

In più, altro dato importante ambientalmente ma non solo vista la scarsità di concimi dovuta alla guerra in Ucraina, si potrebbero tagliare i costi anche per i fertilizzanti di un buon 30%.

Il progetto si chiama Value Ce In (“VALorizzazione di acque refLUE e fanghi in ottica di economia CircolarE e simbiosi INdustriale”), è coordinato dall’Enea (mediante il laboratorio LEA, afferente alla Rete ad Alta Tecnologia della Regione Emilia-Romagna) e con la partecipazione del Centro Interdipartimentale di Ricerca Industriale “Fonti Rinnovabili, Ambiente, Mare ed Energia” dell’Università di Bologna. Al centro di tutto il depuratore di Cesena, gestito dalla multiutility Hera.

In totale sono stati stanziati 1 milione e 100 mila euro, di cui quasi 800mila euro finanziati dalla Regione Emilia-Romagna e cofinanziato dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC). L’obiettivo è quello di migliorare la gestione delle acque depurate in ottica di economia circolare e “simbiosi industriale”, nel nome della sostenibilità ambientale ed energetica e in conformità con le indicazioni date dall’Ue con il suo Regolamento n.741 del giugno 2020.

Proprio nel regolamento si dice che “il riutilizzo delle acque reflue adeguatamente trattate, ad esempio quelle provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane”, ha “un minore impatto ambientale rispetto ad altri metodi alternativi di erogazione idrica, quali i trasferimenti d’acqua o la desalinizzazione”.

Copertura del fabbisogno idrico del 70% e fino al 32% di costi in meno per concimi

I dati generali della sperimentazione, particolarmente importanti in un momento di carenza della risorsa idrica come quello attuale, sono molto promettenti con la potenziale possibilità di soddisfare fino al 70% del fabbisogno idrico regionale.

Inoltre, grazie all’utilizzo delle acque reflue depurate che, a differenza dell’acqua di rete, contengono già alcune sostanze nutritive necessarie per la crescita delle piante, si ottiene un risparmio del 32% di azoto e dell’8% di fosforo.

Le percentuali riportate sono significative, considerando che tali elementi nutrienti si trovano in concentrazioni limitate nei reflui depurati, in conformità con i limiti di scarico nell’area in cui ricade il depuratore di Cesena, classificata come sensibile. Questi valori, spiegano gli esperti, “potrebbero essere ancora più elevati in altre casistiche con limiti allo scarico meno rigorosi dell’area cesenate, come confermano i dati di risparmio del 98% misurati sul potassio, sostanza per la quale non vige alcun limite allo scarico”. È stata inoltre riscontrata la totale assenza di contaminazioni di Escherichia coli a livello sia di germogli sia di frutti. Infine, non è stato riscontrato alcun incremento significativo, a livello di suolo, in termini di coliformi totali e carica batterica totale.

Un sistema di irrigazione intelligente, che tiene conto delle esigenze delle colture

Il progetto di ricerca è stato possibile grazie all’installazione di una centralina di controllo e di automazione particolarmente ‘smart’:  infatti è in grado di gestire e ottimizzare il riuso delle acque trattate in funzione delle relative caratteristiche qualitative e delle esigenze idriche e nutrizionali delle singole colture in campo.

Alcuni segnali acquisiti dalla centralina riguardano i parametri di qualità delle acque a valle dei trattamenti secondari e in uscita dall’impianto che vengono generati rispettivamente da un sistema di monitoraggio on-line e real-time allestito dal laboratorio Lea Ena e dalla strumentazione di Hera.

Altri segnali provengono dal campo irriguo sperimentale, progettato e realizzato dall’Università di Bologna con la collaborazione di Irritec, partner industriale di progetto, dove sono stati posizionati sensori di umidità del suolo, temperatura e conducibilità. La centralina è stata, quindi, programmata in modo da garantire l’attivazione di pompe, elettrovalvole e di dispositivi per l’irrigazione e la fertilizzazione delle piante, in funzione del fabbisogno idrico delle colture e del contenuto di nutrienti già presente nelle acque depurate.

In questa fase sono stati inoltre sperimentati dei sistemi di microirrigazione innovativi, messi a disposizione sempre da Irritec, ed effettuati test sui sistemi di irrigazione intelligente utilizzati, per valutare gli effetti idrologici e agronomici associati alle pratiche di riutilizzo.

“Di fronte alla crisi idrica servono investimenti, ottimizzazione dei consumi e utilizzo delle acque reflue urbane”. Intervista a Attilio Toscano

Le dichiarazioni

“Questa sperimentazione, finalizzata a migliorare il recupero delle acque depurate – ha spiegato Susanna Zucchelli, Direttore Acqua di Hera– si inserisce perfettamente nell’ottica di un sistema di economia circolare, attraverso il riutilizzo della risorsa idrica. La depurazione delle acque reflue, che già di per sé rappresenta un’azione di recupero e di salvaguardia ambientale, viene ulteriormente valorizzata attraverso il loro riuso, con le caratteristiche proprie di queste acque, canalizzandole direttamente nel campo sperimentale allestito presso l’impianto di Cesena, con la prospettiva di generare in futuro un positivo impatto ambientale, sociale ed economico per il territorio”.

“I risultati ottenuti evidenziano l’applicabilità della filiera tecnologica, sviluppata in forma prototipale nell’ambito del progetto Value Ce-In, a tutti gli impianti di depurazione per garantire una fonte idrica non convenzionale che sia sicura, economicamente conveniente ed in grado di fornire elementi nutrienti alle colture, in linea con i nuovi indirizzi comunitari in vigore dal 2023. Tutto ciò con l’obiettivo di promuovere l’implementazione di best practices a beneficio degli stakeholder di filiera, dai gestori d’impianto ai consorzi di bonifica fino al settore dell’automazione, controllo e misurazione”, ha detto il coordinatore del progetto Luigi Petta, responsabile del Laboratorio Enea di Tecnologie per l’uso e gestione efficiente di acqua e reflui.

“L’attività sperimentale, grazie al contributo di un gruppo multidisciplinare di ricercatori, ha consentito di progettare, implementare e testare un sistema di irrigazione e fertirrigazione di precisione in grado di sfruttare appieno le potenzialità del riuso a scopo irriguo delle acque reflue depurate, valutando al contempo gli effetti e la sicurezza dell’utilizzo di risorse idriche non convenzionali su colture destinate al consumo umano. Questa ricerca assume un particolare rilievo nell’ambito delle diverse azioni che Unibo, già da diversi anni, sta portando avanti sul tema del riuso in agricoltura delle acque reflue urbane depurate”, ha infine dichiarato Attilio Toscano, professore di idraulica agraria dell’Università di Bologna.