La nostra visione è quella di aiutare gli agricoltori di tutto il mondo dando voce alla piante”. Presenta così la sua azienda Filippo Vurro, chimico, ricercatore e Ceo della startup Bioristor. Forse non darà voce letteralmente alle piante, ma sicuramente le piante, con i sensori di Bioristor, saranno ben ascoltate.

Bioristor è un’azienda che ha alle proprie spalle la ricerca fatta nei laboratori di biosensoristica del Cnr-Imem (Istituto dei Materiali per l’Elettronica ed il Magnetismo) di Parma. L’idea imprenditoriale è basata su quello che, in gergo tecnico, è definito “sensore transistor organico elettrochimico”. Traduzione: si tratta del primo biosensore al mondo, completamente biocompatibile e in grado di monitorare analiticamente lo stato di salute della pianta in tempo reale.

Funziona così: un piccolo sensore viene inserito manualmente nel fusto del vegetale, e da quel momento in poi ed è capace di fornire ogni 15 minuti la composizione della linfa della piante, di rilevare la concentrazione e la quantità di ionie e di alcune molecole organiche.

Da tutti questi dati il sensore è capace di leggere una varietà di informazioni: lo stato di salute generale della pianta, la quantità d’acqua a disposizione, le condizioni fisiologiche, l’insorgere di malattie o fisiopatie.

Il Bioristor, raccontano i suoi ideatori, permette di ottimizzare l’irrigazione, di rilevare tempestivamente lo stress da siccità della pianta e di risparmiare fino al 40% delle riserve idriche. Di conseguenza permette anche un risparmio sui fertilizzanti valutato attorno al 20%.

“Il sensore Bioristor – dicono i tenici del Cnr – è stato applicato per studiare stress di natura abiotica in ambiente controllato su numerose specie tra cui: pomodoro, kiwi, soia, la canna da fiume. Nel pomodoro è in grado di rilevare lo stress idrico entro le prime 30 ore dalla sua insorgenza“.

La tecnologia alla base del sensore, ora commercializzato con un contratto di abbonamento per l’utilizzo dei dati in tempo reale (il Bioristor è collegato ad un cloud proprietario), è molto complessa ed è stata discussa anche su riviste scientifiche d’eccellenza come Nature.

Non si tratta solo di “misurare” la composizione della linfa: il sensore sviluppato dal Cnr-Imem di Parma è biocompatibile, quindi non viene rigettato in alcun modo dalla pianta, e si abbina ad una parte software in grado di dare un senso ai numeri rilevati. Algoritmi che per l’agricoltore traducono lo stato di salute della pianta in indicazioni comprensibili, e che sono in grado anche di fornire consigli per la strategia irrigua da intraprendere.

Durante Expo 2020 Dubai sono stati installati 16 biosensori Bioristor all’interno del Giardino Italia per monitorare diverse tipologie di piante mediterranee. I sensori hanno misurato lo stato di salute e di irrigazione delle piante dall’apertura del salone fino all’evento dedicato del 26 febbraio 2022, dove il gruppo di ricerca del Cnr-Imem ha presentato tutti i dati registrati.

Ad aver fondato la startup un team di 4 persone: oltre Filippo Vurro che si occupa dell’analisi dei dati e del funzionamento del sensore, ci sono i fisici Nicola Coppedè e Manuele Betteli, e la fisiologa vegetale Michela Janni.

Bioristor conta entro cinque anni di diventare una startup capace di generare utili. Il mercato di riferimento è quello dell’agricoltura di precisione, che può contare su di un valore complessivo di nuovi investimenti da 17 miliardi di euro ogni anno (dati 2020). Bioristor conta di accapparrarsene una fetta da 9 milioni di euro.