“Purtroppo le crisi idriche sono ormai un dato di fatto, lo dice la scienza e l’esperienza. Dobbiamo metterlo in conto e attrezzarci anche se, è vero, questa estate siamo probabilmente di fronte alla più grave crisi climatica e idrica degli ultimi 20 anni. L’emergenza è chiara, il problema è che molti se ne dimenticano quando la situazione rientra”.
Attilio Toscano è uno dei massimi esperti italiani di irrigazione. E’ professore ordinario di idraulica agraria e sistemazioni idraulico-forestali presso l’Università di Bologna e da oltre 20 anni si occupa di questi temi.
Professore, di fronte alla devastante crisi idrica di questa estate come bisogna agire?
Ci sono tante azioni da mettere in campo. Io vedo tre macro aree di intervento concreto da mettere subito in agenda: adottare metodi irrigui maggiormente efficienti, ottimizzare la distribuzione e l’accumulo delle acque e sfruttare la potenzialità delle acque reflue urbane.
Andiamo per ordine, come si fa a irrigare con maggiore efficienza?
Questo è un tema che riguarda le aziende. Ci sono tante belle realtà in Italia su questo versante, quello che bisognerebbe fare è incrementare il più possibile l’irrigazione di precisione e usare l’acqua in maniera sempre più efficiente, ottimizzando dove possibile i consumi ed evitando gli sprechi.
L’agricoltura goccia a goccia diventerà lo standard futuro?
No, questa è un’ipotesi non realistica. Ogni coltura deve essere trattata nel modo appropriato e non sempre la micro-irrigazione può essere la soluzione. Anche perché, se ci pensiamo, l’acqua usata nel tradizionale metodo irriguo a scorrimento non è che vada tutta persa, spesso finisce per ricaricare la falda e la troviamo poi più a valle. E’ chiaro però che bisogna ottimizzare i consumi e aggiornare i metodi irrigui su vasta scala. In Emilia-Romagna tutto questo si sta facendo, in altri contesti un po’ meno.
E’ vero che gli agricoltori resistono all’innovazione nel campo dell’irrigazione?
Non è più così, sono tante le aziende che fanno bene, e ormai tutti si stanno accorgendo che il tema del risparmio idrico non è solo ambientale. Sollevare l’acqua costa anche in termini energetici. Questo paradossalmente è un’opportunità perché ormai nessuno ha più voglia di utilizzare l’acqua in maniera inefficiente. Un’azione di risparmio va quindi fatta, ma non basta.
Cosa bisogna fare ancora?
Bisogna pensare a come ottimizzare la distribuzione collettiva delle acque. Questa parte compete al grande mondo dei Consorzi di bonifica, che gestiscono i canali che portano acqua ai campi. Inoltre non bisogna trascurare il prelievo e lo stoccaggio. In sintesi serve intercettare l’acqua quando c’è, ad esempio in inverno, e conservarla per quando non ci sarà più, e cioè l’estate. Il tutto senza compromettere il deflusso ecologico dei fiumi. E’ un lavoro complesso, che richiede studio, tecnologia, e anche la digitalizzazione dei servizi. Anche in questo caso tanto si è fatto negli ultimi anni, ma c’è ancora un grandissimo margine di miglioramento.
Come si fa a conservare l’acqua?
Per stoccare le acque servono le infrastrutture di accumulo, e per avere le infrastrutture adatte servono risorse e programmazione. Sono temi sempre più urgenti anche perché ci sono delle Regioni che avrebbero bisogno di interventi tempestivi, parlo ad esempio di quelle nel nord Italia, che non sono storicamente abituate a crisi idriche di questo tipo.
Ha parlato anche di una terza strada: le acque reflue.
Certo, di un terzo pilastro da sfruttare al massimo delle sue potenzialità. Le acque reflue urbane, adeguatamente depurate, possono diventare una risorsa vitale per l’agricoltura del futuro. In Israele è una pratica consolidata: lì hanno il deserto e non buttano via nulla. Le risorse idriche non convenzionali sono anche un modo per praticare economia circolare. Sull’acqua, soprattutto sull’acqua, non bisogna sprecare o “buttare via” nulla. Lo chiede anche l’Unione europea che ha preparato un regolamento proprio su questo.
Tutte queste azioni se messe in campo cosa cambierebbero?
Azioni sinergiche nei tre campi di cui ho detto possono fare la differenza. Agricoltori, consorzi di bonifica, sistemi urbani. Tutti dovrebbero operare per accumulare l’acqua, ridurne i consumi, e trattenerla il più possibile. Ma serve una cosa in più. Per fare tutto questo ci vuole pianificazione: occorre una visione complessiva di quel che bisogna fare.
La politica questa visione complessiva ce l’ha?
Negli ultimi anni sì, questa visione è cresciuta. Proprio per questo fortunatamente sono stati messi in atto una serie di provvedimenti sul piano di infrastrutturazione idrica. Diciamo quindi che si è riaccesa un’attenzione che negli ultimi 20-25 anni si era persa. Ma c’è ancora tanto da fare. Dal 2019 ad oggi il Ministero delle infrastrutture ha avviato interventi anche di manutenzione importanti, e altri soldi stanno arrivando col Pnrr. Certo non dipende tutto dal livello nazionale, anche le Regioni hanno un ruolo fondamentale. Diciamo così: la strada è quella giusta dopo diversi decenni di politiche poco mirate.