Nuove tecnologie a basso impatto ambientale, tracciabilità del prodotto, lotta agli sprechi di acqua, riduzione di pesticidi e fertilizzanti, valorizzazione delle filiere corte. L’innovazione nel sistema agroalimentare oggi è realtà, ma c’è ancora tanto da fare perché il settore raggiunga gli ambiziosi obiettivi sanciti dall’Agenda ONU 2030. Di questo e di molto altro si è parlato nel webinar “Innovation in agri-food systems”, organizzato martedì 14 settembre da Think4Food Academy, un progetto di Legacoop Bologna.
Tra gli ospiti Claudia Laricchia, responsabile del Dipartimento relazioni istituzionali e accordi strategici internazionali del Future Food Institute; Simona Caselli, responsabile delle politiche comunitarie di Legacoop Agroalimentare e presidente dell’Assemblea delle regioni ortofrutticole europee (AREFLH); Chiara Cecchini, CEO e co-founder di Future Food Americas; e Yannick Fiedler, coordinatore del programma “Sostegno agli investimenti responsabili nell’agricoltura e nei sistemi alimentari (RAI)” della FAO.
Il webinar era parte del ciclo di incontri Think4Food Academy su tematiche legate all’innovazione e allo sviluppo sostenibile per la filiera agroalimentare, curato dal Future Food Institute con interventi di esperti della FAO, e rivolto a imprese cooperative, startup, spinoff universitari, studenti, centri di ricerca e a tutto l’ecosistema dell’innovazione agroalimentare.
I sistemi agroalimentari: vittime e carnefici della crisi climatica
Oggi mangiamo quello che inquiniamo, e inquiniamo mangiando. Lo racconta Claudia Laricchia, responsabile del Dipartimento relazioni istituzionali e accordi strategici internazionali del Future Food Institute, affermando che “i sistemi agroalimentari da una parte sono la prima vittima della crisi climatica, ma anche carnefici, perché il 30% dei gas serra prodotti al mondo viene proprio dalla produzione agroalimentare”.
In agricoltura ci sono ancora tante pratiche obsolete e tanti sprechi da combattere: a cominciare dagli sprechi di acqua, passando per il cattivo utilizzo delle risorse, fino all’uso di pesticidi e fertilizzanti. “L’innovazione serve proprio per questo: oggi si parla molto di agricoltura rigenerativa, che non solo è più competitiva, ma soprattutto è più sostenibile – continua Laricchia –. La generazione Z sta chiedendo a gran voce maggiore trasparenza e tracciabilità alla filiera, e l’attenzione verso l’ambiente non è mai stata così alta”.
Chi si occupa di cibo, insomma, oggi non può più non fare i conti con i Sustainable development goals. “Ancora non c’è un obbligo di legge per raggiungere questi obiettivi: eppure, l’emergenza che stiamo vivendo spinge gli imprenditori agricoli ad attuare comportamenti di maggiore responsabilità, trasformando le proprie aziende in hub di innovazione sui temi legati agli obiettivi di sviluppo sostenibile”, conclude Laricchia.
“Farm to fork”, per un Sistema agroalimentare europeo più sostenibile
Per innovare la filiera all’interno dell’Unione Europea, il Green deal europeo contiene la strategia “Farm to fork”, nata con l’obiettivo di sviluppare un sistema agroalimentare più sano e sostenibile. Come? Proteggendo l’ambiente, preservando la biodiversità, riducendo l’uso di pesticidi e fertilizzanti, aumentando la quota di alimenti prodotti attraverso l’agricoltura biologica, per arrivare a produrre cibi sani, economicamente accessibili e sostenibili.
“Uno dei nodi cruciali è quello del benessere animale, con una particolare attenzione agli allevamenti, sia per quanto riguarda i mangimi che vengono usati sia per quanto riguarda le condizioni in cui gli animali vengono fatti crescere – commenta Simona Caselli, responsabile delle politiche comunitarie di Legacoop Agroalimentare e presidente dell’Assemblea delle regioni ortofrutticole europee (AREFLH) –. Esiste anche un piano specifico per la pesca sostenibile in mare e per l’acquacoltura biologica”.
Un altro importante passaggio è quello dell’omologazione degli standard di commercializzazione, perché i produttori in tutti i paesi europei devono essere soggetti agli stessi obblighi, e il focus sulle etichettature, per far sì che i consumatori siano più informati e facciano scelte di consumo più consapevoli.
La strategia “Farm to fork” è stata presentata nel maggio 2020 e la sua approvazione attraverso il voto del Parlamento europeo in plenaria avverrà tra poche settimane. Ma in tanti si chiedono: questi cambiamenti saranno davvero sostenibili? “I problemi che potrebbero sorgere sono diversi – spiega Caselli –. I nuovi standard più difficili da raggiungere potrebbero comportare un forte calo della produzione agroalimentare europea, con un conseguente rischio di food security, oppure la merce prodotta in Europa potrebbe diventare troppo costosa sul mercato e la concorrenza degli altri paesi potrebbe essere fatale”.
Come scongiurare allora questi scenari? “Per superare queste criticità c’è bisogno di cooperazione tra le istituzioni, i produttori e i ricercatori – conclude Caselli –. C’è bisogno, insomma, di innovare: la ricerca ha un ruolo fondamentale, solo questo ci può aiutare a trasformare profondamente la nostra agricoltura, e renderla allo stesso tempo competitiva e sostenibile”.
Covid-19, i nuovi trend dei consumatori
Con la pandemia, nella nostra società abbiamo visto emergere nuove tendenze: dallo smart working alla sanità telematica, dalla digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione alla crescita dell’e-commerce. Questi nuovi trend riguardano anche il settore agroalimentare: si è vista una forte crescita della food delivery, un aumento di consumi di proteine alternative su base vegetale, una crescente domanda di kit di pasto pronto e imbustato, ma anche da parte delle aziende una maggiore attenzione all’arte e alla creatività nell’agroalimentare. “Alcuni brand hanno messo in commercio bibite vendute in bottiglie disegnate da artisti, oppure tavolozze di colori commestibili”, racconta Chiara Cecchini, CEO e co-founder di Future Food Americas.
In Italia, in particolare, l’e-commerce ha registrato una crescita molto forte, soprattutto via smartphone. Molte persone che prima non erano connesse hanno iniziato a usare per la prima volta internet e i social media, sia per chattare e parlare, sia per fare acquisti: i brand che sono riusciti a posizionarsi bene nei nuovi ambienti digitali hanno avuto un riscontro molto positivo.
“Ovviamente, l’emergenza sanitaria ha comportato anche una maggiore domanda di packaging usa e getta da parte dei consumatori – spiega Cecchini –. Questo va contro ai principi di sostenibilità, in direzione opposta rispetto al trend di riduzione del consumo di plastica che era in atto. Subito però si sono trovate soluzioni innovative, legate all’uso di packaging compostabile, oppure involucri personali da portarsi in giro per non toccare il prodotto toccato da altri, senza sprecare plastica”.
Quali investimenti responsabili per l’agroalimentare?
“Quando affronti un nuovo problema, o un vecchio problema che ritorna, la soluzione è sempre la stessa: innovare”. Così apre il suo intervento Yannick Fiedler, coordinatore del programma “Sostegno agli investimenti responsabili nell’agricoltura e nei sistemi alimentari (RAI)” della FAO. Nel 2020, nel mondo 811 milioni di persone erano denutrite. Bisogna chiedersi allora: come rendere il sistema agroalimentare più sostenibile?
“Dobbiamo produrre più cibo, più economico, ma anche con meno impatto sull’ambiente – continua Fiedler –. Come farlo? Innovando. L’innovazione deve passare sì attraverso le nuove tecnologie, ma anche attraverso le politiche delle istituzioni e dei governi”.
E allora quali sono i principi su cui si devono basare gli investimenti responsabili in agricoltura e nell’agroalimentare? “Per prima cosa, bisogna promuovere la sicurezza alimentare di tutti, combattere la povertà e lavorare nella direzione di un’equità di genere e supporto alle giovani generazioni – conclude Fiedler -. Poi, naturalmente, dobbiamo rispettare gli ecosistemi e le risorse naturali. Tutto questo mettendo in rete vari partner: i governi, il settore privato, il mondo della ricerca e dell’università, le organizzazioni del terzo settore, i think tank e gli enti locali. Solo la creazione di un forte network, che metta in comunicazione tutti gli stakeholder, potrà permettere di innovare in maniera sostenibile e realmente inclusiva”.