
Hanno deciso di coltivare l’alga Spirulina per l’alimentazione umana perché è buona e sostenibile: contiene proteine, minerali, ferro, anti-ossidanti, ma soprattutto la sua coltivazione recupera l’energia termica del biogas generato e assorbe CO2 in misura pari al doppio del peso del prodotto. Inoltre, gli scarti della produzione vengono poi utilizzati come fertilizzante per i campi, innescando quindi un modello agricolo senza sprechi e a impatto zero. Una coltivazione “alternativa” che ha permesso alla startup “Algaria” di Cremona, che ha avuto l’idea di coltivarla, di vincere questa mattina 5mila euro di premio per la categoria “startup” dell‘edizione 2019 di Think4Food, il progetto (ideato e realizzato da Legacoop Bologna) che mette in connessione le imprese cooperative del comparto agroalimentare con startup, ricercatori e studenti universitari che lavorano a idee innovative per lo sviluppo sostenibile.
Il progetto “startup” vincitore
L’idea nasce a Casalbuttano, alle porte di Cremona, dove Antonio Idà, ricercatore esperto di microalghe, e l’imprenditore agricolo Stefano Lanzoni hanno dato vita a Spireat, uno dei primi marchi che coltivano l’alga spirulina da coltivazione biologica in Italia. La scelta non è casuale, specie se consideriamo che il popolo degli Aztechi, il primo ad usare la spirulina a scopo alimentare, la definiva “cibo degli dei”. Numerose sono le proprietà di questa alga, ritenuta per vegani e vegetariani una fonte importante di proteine alternative a quelle animali. Inoltre, contiene sali minerali, ferro, anti-ossidanti e vitamine, anche la B12, non semplice da trovare in natura.
Nel caso di Spireat il valore aggiunto sta poi nel metodo di produzione adottato che «ripercorre i principi dell’economia circolare integrandosi a processi già esistenti recuperando l’energia termica del biogas generato assorbe CO2», hanno dichiarato i due imprenditori. Un aspetto che sta molto a cuore all’azienda che ha scelto di dedicarsi alla produzione dell’alga spirulina nella convinzione che sia necessario proporre modelli di produzione alternativi e più sostenibili. «Produrre spirulina significa ridurre gli impatti ambientali, facendo un esempio per produrre un chilo di carne servono 15 mila litri di acqua, mentre per produrre un chilo di spirulina ne servono solo 15», ha commentato Antonio Idà.
Foto: pagina Facebook SpirEat
di Tommaso Felicetti e Teresa Panzarella