Un supermercato che mette al bando la plastica e predilige prodotti sfusi e coltivati localmente. Succede ad Ossana, in Trentino, dove il Comune ha indetto un bando per mettere a disposizione un locale di proprietà pubblica in disuso da anni, ma ad una condizione: aprire una bottega che rappresentasse una risorsa per l’intera comunità. «In Val di Sole abbiamo decine di produttori agricoli, allevatori e altre piccole imprese che faticano a trovare spazio nella Grande distribuzione organizzata classica e vengono messe a repentaglio dalle sue logiche spietate – aveva dichiarato il sindaco di Ossana, Luciano dell’Eva – Dovevamo assegnare un locale di proprietà comunale a Fucine, una frazione del nostro Comune. Abbiamo quindi pensato di farne un veicolo di buone pratiche».
Sugli scaffali de “La Dispensa” si trovano pasta, farine, frutta e verdura, formaggi e salumi, tutto venduto alla spina e senza involucri di plastica o altro materiale. Tutti i cibi sono coltivati in zona, cioè prodotti o trasformati entro 110 km dal punto vendita per quelli secchi e 40 km per quelli freschi. Una scelta puntuale che mira a incentivare l’economia locale.

Per quanto riguarda gli articoli di igiene personale o della casa si prediligono le confezioni formato famiglia, ma di vetro o alluminio. Infine, una volta finita la spesa, questa deve essere portata via in borse e contenitori di carta, tessuto o altro tessuto riutilizzabile. Un bell’addio ai materiali plastici e all’usa e getta in sostanza. L’idea si inserisce nel pacchetto di iniziative con cui da anni il Comune di Ossana mira a ridurre l’impatto ecologico e la promozione di stili di vita alternativi e sostenibili.  A quanto pare la risposta dei cittadini del piccolo borgo è già positiva e, come a volte accade, dai più scettici arrivano i riscontri più entusiasti. «Piace molto anche alle persone anziane – ha dichiarato alla Rai l’imprenditrice Patrizia Perdegnana – eravamo un po’ in dubbio che capissero questo sistema ma in realtà loro lo conoscono già perché qua cinquant’anni fa si faceva così». 

di Teresa Panzarella